BRUTTI
The Brave. (spoiler qua e là) Odio i pregiudizi, viva i pregiudizi. Per tutta l’estate scorsa ho osservato perplesso i manifesti dell’ultimo Disney/Pixar, per tutta estate ho storto il naso davanti a un trailer dei creatori di Monsters&co. con soli umani, per tutta estate mi sono detto che stavolta John Lasseter e soci hanno fatto un passo falso. Proprio non mi ispirava per nulla questa ragazzina dai capelli rossi che preferisce tirare con l’arco invece di diventare principessa in una Scozia medievaleggiante. Va bé, è comunque un Pixar, ovvio che lo vedo. La prima parte mi scivola sopra in un’indifferenza pressoché totale ma, mi dico, è praticamente il trailer che ho visto solo con qualche gag in più. Aspetto dunque con ansia che la storia decolli. C’è una strega, un incantesimo… ok, non è originalissimo ma vediamo dove va a parare. C’è una persona trasformata in un grande e goffo animale… ok, già visto ma è divertente, no? No. Ci sono degli scozzesi ubriachi che si menano, fanno un gran casino… No, non ci siamo ancora. Insomma, arrivo a 5 minuti dalla fine e ancora aspetto che la storia decolli, come un inguaribile ultrà al 44° minuto del secondo tempo con la squadra del cuore che perde 7 a 0. Ovviamente perdiamo, perché non viviamo in un mondo incantato con streghe e grossi animali buffi. Non me ne frega niente di analizzare storia, contenuti, stile perché qui non c’è niente, non dico di originale, ma di anche lontanamente stimolante. Non c’è verve, non c’è mood, non c’è pathos. Non mi vengono altre parole esotiche. Non c’è un personaggio interessante che sia uno. Poteva esserlo la rossa protagonista, magari se avesse davvero sviluppato il suo lato ribelle e selvaggio invece di riparare goffamente a quella cazzatona che ha combinato. Poteva esserlo la strega “multimediale”, se non fosse comparsa in una sola e unica scena in modo assolutamente strumentale alla storia.
Ma io non sono un creativo Pixar, magari lo fossi. Quelli hanno creato mondi mai visti prima in cui giocattoli e umani convivono secondo un codice non scritto, i mostri hanno bisogno della paura dei bambini per inoculare energia nella loro città, un’arrogantissima auto da corsa americana impara l’umiltà in un mondo abitato solo da auto,camion,navi,aerei, un robottino a energia solare è l’ultimo essere sopravvissuto su una Terra distrutta dall’inquinamento e un vecchietto può rifarsi una vita dopo la morte di sua moglie raggiungendo il posto più sperduto del Sud America a bordo della sua casa volante in compagnia di un piccolo scout coreano. Questi sono i mondi, le storie, i personaggi cui la Pixar ci ha abituati! È come se la Ferrari producesse improvvisamente una station wagon per famiglie. Sì, ok, è supersicura, supertecnologica, ha il controllo di stabilità, cambio sequenziale a 8 marce, un satellite tutto suo per la navigazione… ma vaffanculo, io voglio una Ferrari!
Anche i film ritenuti minori della Pixar in 20 anni e rotti di carriera hanno avuto e hanno il loro gran perché, alla faccia di chi gli vuole male. Cars 2, ultimo esempio, è stato massacrato da gran parte della critica perché ritenuto troppo fracassone, puerile, sterile, nonché, orrore!, una malvagia macchina da merchandising buona solo a incassare a 360 gradi. E allora? Cars 2 è onesto ed esaltante. Ti dice: salta su che ti porto a fare il giro più incredibile e mozzafiato della tua vita! Stiamo parlando di intrattenimento allo stato puro, senza freni, senza sconti, senza dubbi. The Brave invece ti promette divertimento, una morale, bei paesaggi… ma è solo e semplicemente noioso. Noioso il “nuovo” mondo creato dalla Pixar, noiosi i personaggi, noiose le gag, noioso tutto. Il Topo ha definitivamente fagocitato la Lampada Saltante. Ma Lasseter non era diventato il boss della Disney, dimostrando che si può essere licenziati dalla più grande azienda del tuo settore per tornare dopo qualche anno a dirigerla? (ecco, questa è una favola interessante)
Ti prego, Dio dei Cartoon, fa che questo non sia l’inizio della fine! Lasseter, Stanton, Docter & co. ridateci la Pixar! Su quelle maniche! Datevi da fare come avete fatto 25 anni fa cambiando la Storia dell’Animazione e ficcando un piede bello stabile nella Storia del Cinema! L’avete fatto una volta, potete farlo ancora, no? no?
Moonlight. E diamo una chance alle serie tv horror! Questo era uno dei miei propositi dell’anno scorso per l’anno nuovo. Da allora ce la sto mettendo tutta, ma produttori e sceneggiatori non mi stanno certo aiutando… Dopo quella colossale stronzata di American Horror Story, la sufficienza stiracchiata di Teen Wolf e una prima stagione di The Walking Dead che è un insulto sfacciato e cafone alla serie a fumetti di Kirkman (e meno male che si è in parte ripigliata con la seconda stagione, ma la aspetto al varco con l’attuale terza) il mio proposito sta lentamente ma inesorabilmente scemando. Meno male che ci sono (state) cose come l’ottimo Dead Set, dove in un’Inghilterra invasa da zombie gli unici superstiti sono i cerebrolesi partecipanti del Big Brother che si ritrovano la Casa assediata dai non morti, e Death Valley, serie splatter divertentissima e senza troppe pretese, dove una squadra speciale di poliziotti affronta zombie, vampiri e licantropi a L.A. Troppo brevi e troppo poco, però. Che il format seriale non sia il terreno più adatto all’horror? Kirkman ha dimostrato e continua a dimostrare il contrario, almeno per quanto riguarda il fumetto. Forse la Paura, per sua natura, ha bisogno di tempi brevi per esplicitarsi e sortire i suoi effetti. Se fissi a lungo il Mostro da dietro un vetro antiproiettile dopo un po’ non te la fai più sotto. Si dice che ci si abitua ad ogni orrore, e mi sa che è una profonda verità anche nella fiction. Kirkman, diciamocelo, vince perché è un grandissimo sceneggiatore che ha creato degli ottimi personaggi con dinamiche interne perfette. Ma in tv dove l’immagine, purtroppo/perfortuna, fa l’80% del lavoro, l’horror si stanca presto. Visivamente stupefacente, infatti, il pilot di American Horror Story, ma sempre più noiosi e imbarazzanti gli episodi a seguire… capisco la crisi del mercato immobiliare, specialmente in Usa, ma al decimo fantasma che cerca di accopparmi nella casa dove mi sono appena trasferito o svendo l’immobile o torno da mia madre. E che si fottano mogli rompicoglioni e figlie problematiche.
Ah già, Moonlight: vampiro che fa il detective privato in una Los Angeles assolata con voce fuoricampo alla Marlowe. Suddetto vampiro non è il solo e, come tutti i suoi simili, teme a morte il sole. Come aggirarsi, quindi, in pieno giorno evitando l’abbronzatura in una città dove d’inverno ci sono 20 gradi? Passando sotto gli alberi. Mollata dopo il pilot.
Sacro Terrore. Non vorrei reiterare la metafora dell’ultrà, ma il tifo a volte gioca davvero brutti scherzi. D’altronde, quando si tratta di miti personali la delusione è più cocente. Ronin, Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, tutta la saga di Sin City, 300, mi aprirono un mondo quando ero un giovane e avidissimo lettore di fumetti e mi hanno accompagnato per mano quando mi sono buttato nel professionismo. Frank Miller è stato un maestro della narrazione sequenziale. Il Cavaliere Oscuro, insieme all’Altro Capolavoro dell’Altro Maestro, ha cambiato per sempre il modo di concepire il nostro media preferito e ancora oggi è pietra di paragone per il fumetto (e, perché no, cinema) supereroico. Con Sin City Miller raggiunse la quintessenza della sintesi grafica coniugata a splendide ridondanze testuali, per non distrarre né dall’una né dall’altra e porre l’attenzione su entrambe. Su un virtuoso assolo occorre una ritmica scarna e viceversa, altrimenti è solo caos. Con 300 poi sviscerò il concetto puro di epicità nel modo più semplice e diretto: rivangando, con poche e preziose licenze poetiche, una delle battaglie più epiche della nostra Storia. Se continuo ad usare il passato c’è un motivo, ovviamente. Forse Hollywood centra, forse qualcosa si è inceppato nella mente geniale di Miller da quando si è dato al cinema (e sfido chiunque a non sospettarlo dopo la visione del suo The Spirit). Aspettavo con enorme trepidazione il suo ritorno al fumetto… Che dire, me ne farò una ragione. Perché Sacro Terrore è una stanca ripetizione di tutti gli stilemi del Maestro assemblati a mo’ di copia e incolla, senza un’idea coerente che non sia l’odio macchiettistico e sterile verso il terrorismo islamico. Intendiamoci: io sono per la libertà totale di espressione e se un autore vuole esprimere rabbia che sfocia nel razzismo può farlo. Non lo condivido, posso arrivare anche ad odiarlo, ma rispetto la sua posizione. Finché è espressione personale e rappresentazione, ognuno è libero. Ma quando la rappresentazione del tuo punto di vista è raffazzonata, arida, senza alcuno spunto di riflessione, non solo non la condivido ma non mi interessa proprio. Ogni volta che rileggo il Batman di Miller vengo scosso fin nel midollo perché mi ritrovo sinceramente a parteggiare con un violento vigilante anarcoide e fascista. E ogni volta che ripongo il volume mi contorco nel seguente dubbio amletico: questo è Batman come sarebbe nella realtà o sono io che vorrei un Batman così nella realtà? Son schiaffi morali che raramente un autore ti costringe prendere. E temo che il buon vecchio zio Frank non me ne darà più.