lunedì 23 maggio 2011

NUOVI MONDI

Da domani 24 maggio fino a giovedì 23 giugno si potrà visitare un'interessante mostra in quel di Torino:



NUOVI MONDI - ESPERIENZE VISIONARIE TRA ARTE E FUMETTO

Organizzata dall'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e dall'Associazione Anonima Fumetti, è un'occasione per celebrare e/o rammentare il connubio Fumetto/Arte.
Perfetta per chi storce il naso tutte le volte che il Fumetto non viene considerato Arte e per chi lo storce tutte le volte che l'Arte viene considerata bassa.
Andateci tutti, in pratica. Io lo farò.

Per i fortunati che possono, l'inaugurazione è domani alle 12:30 all'Accademia Albertina.

Informazioni molto più dettagliate le trovate QUI e QUI

giovedì 12 maggio 2011

CONTI in TASCA

Lamborghini Aventador LP 700-4
prezzo al pubblico: 255.000 Euro (tasse escluse)


E' un piacere quando un amico, collega, conoscente, lettore, parente, mi chiede a cosa sto lavorando, cosa ho pubblicato, cosa sto per pubblicare, cosa e come scrivo.


Fa meno piacere sentirsi chiedere quanto prendo a tavola, quanto paga quello, quanto paga quell'altro, quanto lavoro ti da quest'altro, quanto lavori, quanto guadagni.


Da decisamente fastidio sentirsi infine domandare a quanto ammonta l'affitto di casa mia.


Un deprimente giro di parole che parte da una falsa curiosità verso ciò che scrivo per arrivare a sapere non tanto Come mi mantengo (la scrittura di cui sopra) ma Se mi mantengo. Quanto guadagno. Quanti soldi incasso. Quante uscite, quante entrate.


Sei un appassionato di fumetti o il mio commercialista?


Evidentemente molti aspirano alla carriera di ragioniere, ma dovrebbero puntare su chi fa davvero i soldi. oops...ho detto che non guadagno tanto. oppure volevo dire che guadagno poco? e rispetto a chi? a cosa?


Citando l'ultimo Caparezza, "non ti interessano le note che registro, t'interessano le mie note sul registro" (contabile, nel mio caso)



La prossima volta che qualcuno vorrà farmi i conti in tasca risponderò: leggo libri e vedo gente. Le cose che faccio sono affari miei.

lunedì 9 maggio 2011

recenSerieTv

FRINGE. Può una serie tv unire il sense of wonder della sci-fi più moderna all'estetica horror dei miglior cronenberg, carpenter, yuzna anni '80, contare su una solidissima e appassionante continuity pur avendo un format basato sull'autoconclusività dei singoli episodi, sfoggiare trame e tematiche complesse e allo stesso tempo vantare una narrazione a prova di deficiente, proporsi come puro intrattenimento senza nascondere una ricercata e tutt'altro che standardizzata profondità di personaggi e contenuti? può insomma una serie essere originale e classica allo stesso tempo? sì, se il suo titolo è "Fringe", se è stata concepita da J.J.Abrams, Orci, Kurtzman e se la Warner Bros non bada a spese. dopo tre stagioni da 22 episodi l'una non accusa un colpo. originalità e chiarezza: Abrams stesso nelle interviste dichiara di aver voluto una sorta di "anti-Lost" quando ideò Fringe. perché qui tutti i nodi vengono al pettine, e che pettine... il rischio spoiler è alto quando si tratta di "scienza di confine" (da cui il titolo, più o meno parafrasato) ossia fenomeni paranormali, teletrasporto, mutazioni genetiche, robotica e quant'altro, tutta roba di cui si occupa la sezione Fringe dell'FBI in cui militano l'agente Olivia Dunham, la miglior eroina action-tragica degli ultimi 10 anni, il giovane consulente Peter Bishop, uno dei più bei "moventi narrativi" mai visti in una serie, e il mad doctor lisergico Walter Bishop, un dottorhouse riaggiornato e (ancor più) scorretto. e quindi MINI-SPOILER: applausi per come è stato concepito il mondo alternativo, il loro, fatto di piccole e grandi differenze rispetto al nostro (le penne a sfera fuori produzione sostituite da sistemi touch per tutto, le torri gemelle in piedi, la statua della libertà in bronzo diventata centro della difesa nazionale, l'inesistenza degli U2...un mondo perfetto insomma), differenze sostanziali ma mai pacchiane, mai fini a sè stesse, molto credibili mi verrebbe da dire. che bel patto narrativo, eh?





BORED TO DEATH. Mini sit-com yiddish hard-boiled newyorkese con l'attore feticcio di Wes Anderson ossia Jason Schwartzman (lo studente in Rushmore, uno dei fratelli sul Treno per il Darjeeling), il nuovo astro nascente del Saturday Night Live il barbutissimo greco Zach Califianakis (Notte da leoni, Parto col folle) e Ted Cin Cin Danson. quest'ultimo è il direttore di una rivista di successo con due soli vizi, il sesso e le droghe, il greco è un disegnatore di fumetti marvel divorziato in perenne depressione, mentre Schwartzman è uno scrittore fallito che per tirare a campare si reinventa "detective senza licenza", mette un annuncio in rete et voilà un cliente nuovo ogni puntata, da mariti che sospettano l'infedeltà delle mogli a manager derubati dei loro segreti aziendali a ragazzini che hanno perso lo skateboard e lo vogliono indietro. Apparentemente una parodia dell'hard-boiled classico, in realtà la trama gialla è una semplice ossatura attorno alla quale si avvinghiano le vicende personali, disastrose, dei tre protagonisti. finora 2 stagioni da 8 episodi da 20 minuti. rapido e irresistibile.






SPARTACUS. Le premesse erano allettanti: rivisitazione delle peripezie di Spartacus, ossia dalle stelle alle stalle e ritorno, passando per battaglie cruente, schiavitù molesta, arene inzuppate del sangue di gladiatori senza scrupoli, il tutto prodotto da Sam Raimi con ampio uso di green-screen alla "300". ovvio che lo vedo. ma lo mollo dopo poche puntate. il sangue c'è, tanto, troppo e troppo finto, il tutto è molto artificiale, dagli effetti gore agli ambienti alle luci ai movimenti di macchina. mi rendo conto che per imbastire una serie storica alla "300" serve un budget alla "300"...ma se non te lo puoi permettere lascia perdere, perchè il termine di paragone ormai è quello. o curi il tutto nei minimi dettagli in modo da rendere credibile l'artificiosità di fondo oppure l'estetica è totalmente compromessa e addio. perché, d'altro canto, non è che personaggi e trame siano così avvincenti. insomma, cocente delusione.







BOARDWALK EMPIRE. prodotta da Scorsese e Mark Wahlberg, la prima stagione mi era partita un pò in punta di piedi per poi decollare esponenzialmente nel corso dei 12 episodi. de gustibus, sicuramente, perchè il pilota era diretto da Scorsese stesso. ciononostante non mi aveva fatto impazzire, i personaggi non mi avevano preso, le vicende sapevano davvero troppo di déjà vu (america anni '20, proibizionismo, gangster, repubblicani corrotti...). Eppure. Eppure scopro pian piano che le vere tematiche su cui poggia la serie sono altre e molto più stimolanti: l'orrore della guerra sulle spalle dei reduci della Prima Mondiale, il razzismo del ku klux klan e la nascita dei primi gangster di colore, il proto-femminismo e la conquista del voto per le donne (ma solo affinchè i politici riescano a manipolare più voti), il fanatismo religioso figlio di un inefficente sistema di polizia che invece di fermare favorisce il crimine, la corruzione portata a livelli così alti e non violenti da non distinguere più il bene dal male. e poi ci sono i giovani Lucky Luciano e Al Capone a inizio carriera, geniali come comprimari dei protagonisti. su cui giganteggia uno Steve Buscemi nei panni del corrottissimo tesoriere di Atlantic City Nucky Thompson, realmente esistito, praticamente la personificazione dell'assioma "il denaro può tutto". per me la prova migliore di Steve in assoluto. il suo character è così ricco di sfaccettature e moventi da rendere impossibile giudicarlo: impossibile tifare per lui ma anche condannarlo, impossibile immedisimarsi ma anche astrarsi dal suo passato, impossibile amarlo, impossibile odiarlo. imperdibile. Non possono negarmi una seconda stagione, ho bisogno di tornare ad Atlantic City per vedere come se la cavano i ragazzi...




Richard Harrow, uno dei personaggi secondari di Boardwalk Empire, uno dei miei preferiti. ha perso metà faccia in guerra per colpa di un fucile crucco. non riconosce più sè stesso allo specchio. in compenso è diventato un feticista di armi, cecchino infallibile, tiratore perfetto. il suo personaggio vale più di mille proclama pacifisti.

lunedì 2 maggio 2011

recensioni spicciole post COMICONE

In attesa di un servizio fotografico poderoso ed esauriente, che forse non avrò mai voglia di fare, sul recente Comicon di Napoli, stilo una riduttiva ma sentita lista di titoli che mi hanno particolarmente colpito, letti e ammirati tra il viaggio di ritorno in frecciarossa ieri pomeriggio e il giaciglio ieri sera.

Grande attesa, grande curiosità verso questa grande, anzi ENORME, opera autorale collettiva targata BD e firmata Ausonia, Ponticelli, Officina Infernale, Squaz, Akab, Angri. "Curiosità": sentimento sempre meno frequente dalle nostri parti, quelle del mondodelfumetto, abituati da troppo tempo a forme e formati troppo standard, colladuati, sicuri. Che da un lato è un bene, io sono il primo a buttarmi anima e corpo tra le pareti sicure della narrativa sequenziale classica, che sia francese, italiana o americana, fatta di regole e paletti che solo apparentemente spaventano, imbrigliano, costringono, ma in realtà danno sicurezza e agilità e di scrittura e di lettura. Dall'altro lato invece c'è chi osa, rompe schemi, canoni, metodi e metodologie in nome di una stesura (e con questo intendo scrittura&disegno) complessa, anarchica, autocompiacente, e di una conseguente lettura difficile, impegnativa, non immediata. E tutte le sicurezze di cui sopra se ne vanno affanculo. Ora: c'è chi ha bisogno di sicurezze, sempre e comunque, e chi ogni tanto ha voglia, forse bisogno, di sconvolgere il proprio mondo, insanire, come dicevano i latini a proposito del carnevale (ma solo una volta all'anno), sballarsi. Uscire dai binari fa paura a tutti. Deragliare terrorizza. Ma quell'adrenalina è impagabile. Premettendo che, a mio umile e assolutamente soggettivo parere, sono davvero in pochi quelli che sanno far deragliare un treno con classe, trasformando una tragedia in opera d'arte, io ho deciso di pagare questo biglietto di sola andata e lasciarmi trasportare. I macchinisti li conoscevo, mi fido di loro, sapevo che sarei arrivato al capolinea sano e salvo, ma la destinazione, per quanto girassi e rivoltassi il mio ticket tra le mani, non era indicata da nessuna parte...uuuuuhhh l'ignoto! che paura! Deglutisco, mi metto comodo sulla mia poltroncina in prima classe e, curioso, guardo fuori dal finestrino. Il treno parte...
Sono arrivato. Dove? Non lo so di preciso. La destinazione mi è ancora ignota. E forse deve rimanere tale. Come è stato il viaggio? Incredibile. Ho visto alternarsi paesaggi stra-ordinari, uno diverso dall'altro, che si fondevano uno dopo l'altro con dissolvenze incrociate lisergiche. Ho visto volti e alberi ed edifici, ho sentito l'odore della rabbia e della sconfitta mischiato allo smog e al fetore della monnezza, ho voluto buttarmi dall'ultimo piano di un palazzo, sono sprofondato nel buio degli inferi, ho bevuto sangue e poi ho visto il mio riflesso nel finestrino: avevo la testa di un coniglio. E solo ora capisco che la vera destinazione di un viaggio non sempre combacia col capolinea.
Più prosaicamente parlando, e utilizzando una metafora meno coerente della precedente (che è proprio copiata dall'opera) ma più vicina al mio sentire, definirei "Le 5 fasi" una splendida Pagani Zonda 5: una delle supercar più care al mondo, con consumi da shuttle, poco adatta alle giornate di neve e allo shopping...ma con una carrozzeria da sogno e un motore per pochi. La Pagani Zonda 5 è di una bellezza abbagliante. Punto.







"Heavy Metalove" conferma quello che penso della creatività e del talento di Maurizio Rosenzweig: nelle storie brevi è assolutamente perfetto. Ennesimo parere personale, certo, ma, come già per "Angelica", il mix di virtuosismi e stilemi personali che lo rendono subito riconoscibile, la gestione selvaggia dello spazio grafico e narrativo, la passione che riesce a trasmettere con le sue storie trovano nella brevità la vetta comunicativa ed emotiva. Forse perchè riesce ad essere più diretto e sfacciato e, non me ne vogliano i fans e l'autore, meno autobiografico. Ho amato la saga di Davide Golia, ma con Zigo Stella secondo me è stato fatto il decisivo e necessario passo successivo: parlare di sè implicitamente e non più esplicitamente. Un vero narratore parla sempre di sè (e Maurizio l'ha ulterioremente esplicitato in "Magnifica Ossessione"...esplicitare l'esplicito, geniale) ma il lettore è un'altra persona e va rispettato. Il lettore è la quarta parete, il lettore da voce e movimento ai nostri personaggi e alle nostre storie. L'autore ci mette il cuore ma è il lettore che pompa sangue nelle arterie. "Heavy Metalove" è l'ennesimo viaggio di Zigo Stella nei suoi mondi parelleli. Stavolta si ritrova nei panni di Zack Star, il più grande chitarrista del mondo. Si parla di hard rock, palcoscenico, trucchi, costumi, sudore, sesso, amore, creatività, ascesa e discesa, insomma tutto il mondo di Rosenzweig, che ben conosco, frullato in poche tavole per una storia goduta prima di tutto dall'autore, appunto, ma assolutamente godibile da tutti. E con un finale mozzafiato assolutamente inatteso, che non è poca cosa. Per brevità, semplicità, passione, libertà ed emozione forse è questo il primo esempio di fumetto genuinamente rock: ha lo stesso ritmo e coinvolgimento e tecnica di un brano dei primi Van Halen, che accostavano i virtuosismi chitarristici di Eddie alle melodie post-blues di Diamond Dave al tiro di Alex, il tutto in salsa west coast, quella salsa primordiale da cui emerse il glam rock, un nuovo genere, tanto per dire. Maurizio utilizzerebbe la stessa frase cambiando i nomi con quelli dei Kiss, ça va sans dire, ma io sono il lettore e decido io la mia colonna sonora!







Luca Piersantelli mi fa sbudellare dal ridere, lui e i suoi fumetti. In arte Pierz, la saga di "Ravioli Uèstern" mi aveva già conquistato a Cartoomics ma devo dire che è con questo terzo volume che l'autore raggiunge la piena maturità. Come? Semplice: non cambiando NULLA del suo stile e della sua ironia. Potrei mantenere il tono serioso e da pseudo-critico delle precedenti recensioni e dirvi, per esempio, che una delle cifre stilistiche del new humor di Pierz sta proprio nella reiteratività dei suoi codici grafici e narrativi e che l'idiota col piercing che dice a Glenda "Questa è la vignetta dove vivo io", che non è di per sé una gag né la battuta finale di una scena, è una delle cose più geniali che abbia mai letto. Ma con Ravioli non ce la faccio, non si può: va letto sul treno, in metropolitana, sul bus, in attesa dal dentista, ai giardinetti, non importa dove, l'importante è leggerlo in un luogo pubblico, possibilmente in pieno giorno, in modo che i presenti possano guardarvi e giudicarvi male ogni volta che contorcete il volto cercando di sopprimere quella risata sguaiata che sarebbe troppo imbarazzante buttare fuori e invece scoprite che in fondo conveniva, una botta e via, anzi un boato e via, piuttosto che prolungare l'agonia della risata grassa castrata sotto gli occhi severi di tutti. Compratelo SOLO se volete ritrovarvi in questa situazione. Altrimenti lasciate perdere.





Callaghan incontra Robocop? Ma si può fare? Ebbene sì e lo hanno dimsotrato Amodeo e Scoppetta in questo giallo ben scritto, teso, rispettoso di tutti i cliché del genere ma realizzato con uno stile unico e assolutamente fuori dal genere, che definire umoristico è troppo riduttivo, caricaturale peggio ancora. E' lo stile di Andrea Scoppetta che con questa storia dimostra l'impossibile: coniugare il "deformed" all'hard-boiled alla sci-fi. Ma anche così è riduttivo...bisognerebbe inventare un nuovo termine, una nuova definizione per questo mix, constrasto, implosione di etichette. Lo stesso effetto che mi fece (e ha fatto al mondo intero) quel capolavoro di Blacksad. Il paragone non è poi così azzardato. Cosa mi è mancato in "Quinto: non uccidere"? Il colore su tutte le pagine! Dopo un prologo simile (l'unica parte colorata) è un pò un peccato. Veniale, eh.










Ultimi ma non ultimi "Cheng" e "SuperBia" ossia gli esordi di due miei ex-allievi: Jacopo Scarabelli, in arte Jac, e Luca Rota Nodari, in arte Dihowl. Qui autori completi, con mia grande soddisfazione, devo davvero far loro i complimenti: per la passione, lo sbattimento, la bravura e, cosa più importante, la voglia di fare, investire, credere in quello che fanno. Alla faccia di un mercato sempre più difficile, competitivo, restrittivo, una professione che chiude sempre più spesso e volentieri in faccia le porte ai giovani. A rigor di cronaca ammetto di non aver ancora letto SuperBia (Luca, la copia!) ma ho visto tavole e character e mi sono davvero piaciuti. Conoscendo poi i gusti e l'umorismo di Luca dopo due anni di scuola sono pronto a scommettere che anche la storia non mi deluderà, come ha fatto la kung-fu metropolitan story of formation di Jac. (posso fare di lavoro il definizionista di generi?) Potete acquistare i due volumi sul sito dell'editore: QUI


Ultimo ma non utimo: andate QUI per i contenuti extra, un interessante prolungamento virtuale del fumetto cartaceo. E' un nuovo sito, Megaboom, a cui possono aderire altri editori e autori per altri prolungamenti virtuali delle loro produzioni.






Ok, ora che ho concluso posso pronunciare il mio personalissimo "and the winner is...": Andrea Officina Infernale Mozzato. Chi mi segue conosce già la mia cotta, tutta artistica, per il suddetto. E' ovvio quindi che, in un'antipatica e inutile competizione tra gli autori de "Le 5 fasi", io voti lui. Ma lo motivo, dai: lo scontro tra la narrazione lineare dei testi e l'assoluto terrorismo grafico creano uno shock impagabile. (l'immagine sopra è un'illustrazione, non una tavola della sua storia, quindi non è indicativo di quello che ho appena detto. vi tocca comprarlo, cari)