
Martedì sera ho visto l’ultima puntata della quinta e ultima stagione di SIX FEET UNDER su Cult (su Italia1 la serie si fermò alla terza stagione perché ritenuta troppo…cupa).
E’ semplicemente la miglior serie TV che abbia mai seguito. Targata HBO, ovviamente.
Tema: la MORTE. Sviscerata in ogni sua sfaccettatura.
Svolgimento: le vicissitudini di un'agenzia funebre a conduzione familiare, nel senso che al piano di sopra ci vivono e al piano di sotto ricuciono i cadaveri. il miglior modo per coniugare casa e lavoro.
La scintilla che ha fatto esplodere l’ispirazione del creatore della serie, l’Alan Ball già sceneggiatore di “American Beauty”, fu la morte imprevista di sua sorella.
Soprattutto dopo quest'ultima puntata posso intuire quanto abbia sofferto (la giovane Claire Fisher non può che essere la trasfigurazione della sua sorellina…e se mi sbaglio pazienza, mi piace pensare che sia così. e che campi 102 anni).
Al punto da sentirsi visceralmente in dovere di esorcizzare quella perdita avviando scrittura e produzione di 63 episodi di una serie unica e inimitabile. Episodi che vanno tutti da un livello medio-alto ad altissimo.
Che dire…troppi argomenti, troppe emozioni, troppe idee, troppi spunti, troppo di tutto. Va vista.
Dopo questo episodio finale sono corso su you tube e ho salvato tra i miei "preferiti" gli ultimi 10 minuti del medesimo. Ogni tanto andrò a rivedermeli. Non saprei cos'altro fare, ormai.
(mini-spoiler)
Costretto con una pistola alla tempia, voto il padre Nathaniel Fisher come mio personaggio preferito. Che muore dopo i primi due minuti della prima puntata della prima stagione.
